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 GRAND TOUR E CAMPI FLEGREI Viaggiare per conoscere e approfondire è un'attitudine   insita nella natura umana. Le prime  forme di scrittura poi, hanno   contribuito a diffondere il sapere, dapprima affidato al verbo in un  processo circolare tra generazioni di trasmissione della tradizione.  Parallelamente la produzione iconografica dai primitivi graffiti fino alle  rappresentazioni sempre più raffinate hanno sostenuto l'evoluzione dell'eredità  storica dando senso e significato al concetto di cultura, per secoli privilegio  di pochi.  Con il Grand Tour, fenomeno che a partire dal XVII secolo si diffuse  in tutta Europa e durato fino ai primi del Novecento, inizia lo sviluppo dei  viaggi appositamente destinati all'esperienza e all'erudizione. Esso consisteva  in un percorso culturale teso ad approfondire e perfezionare la conoscenza del  mondo, che prevedeva senza limiti temporali il ritorno nella città di partenza  dopo aver visitato luoghi nobilitati dall'arte e dalla storia.  Protagonisti di  questa tendenza, scaturita dai primi ritrovamenti archeologici di Ercolano e  Pompei e incoraggiata da Carlo III di Borbone, furono gli aristocratici del  tempo e non solo, che da tutta Europa intrapresero viaggi che avevano come meta  privilegiata l'Italia. I Campi Flegrei, come altre destinazioni, furono  visitati da numerosi tra scienziati, artisti e letterati di ogni nazionalità,  alcuni dei quali hanno lasciato testimonianza scritta o pittorica della loro percezione.                   Tra questi, lo scrittore, poeta e drammaturgo  tedesco Johann  Wolfgang von Goethe viaggiò  in Italia nel 1786 e nel suo "Viaggio in Italia" (1816-17) così  descrive i Campi Flegrei, "...brevi  e felici passeggiate in carrozza o a piedi attraverso il più prodigioso paese  del mondo. Sotto il cielo più limpido il suolo più infido; macerie  d’inconcepibile opulenza, smozzicate, sinistre; acque ribollenti, crepacci  esalanti zolfo, montagne di scorie ribelli a ogni vegetazione, spazi brulli e  desolati, e poi, d’improvviso, una verzura eternamente rigogliosa, che alligna  dovunque può e s’innalza su tutta questa morte, cingendo stagni e rivi,  affermandosi con superbi gruppi di querce perfino sui fianchi d’un antico  cratere… Ed eccoci così rimbalzati di continuo tra le manifestazioni della  natura e quelle dei popoli".                   Il barone di   Montesquieu, filosofo e giurista visitò l'Italia nel 1728. Egli, dopo  aver visitato i Campi Flegrei, annotò tra le memorie del viaggio dei numerosi  bagni di Baia, dove "... un bagno  così caldo che non ci sono potuto entrare, perché il calore mi aveva quasi  soffocato dopo i primi 5 o 6 passi; e più si procede, più il calore, che  proviene dall’acqua bollente, aumenta...".   Riferendosi alle dimensioni del Lago Lucrino "... una simile  diminuzione è stata provocata dalla  distruzione della città di Tripergole, nel 1538, quando si formò il Monte  Nuovo, che ha coperto una gran parte …" e ancora proseguendo in  direzione del Lago d'Averno, "...  che non ha (credo) più di un miglio di  circuito… Nei pressi del lago si  entra in una grotta, costruita, sembra, per andare a Cuma. Si va avanti per un  centinaio di passi, poi è stata chiusa. Quelli del posto la chiamano l’Antro  della Sibilla Cumana…".  Nel ricordare le qualità tecniche della terra  pozzolana già apprezzate da Vitruvio, " ...la esportano all'estero, ancora oggi, in Francia...". La  visita del barone interessò inevitabilmente anche la Solfatara, "... un vasto terreno pianeggiante, tondo o  ovale, circondato da montagne di zolfo. Un fumo solforoso esce da più punti, e  si condensa in gocce sul ferro, non sulla carta, e annerisce l’argento… Quando  si batte sulla superficie della Solfatara, risuona come se sotto ci fosse il  vuoto. Alcuni esperimenti mostrano che è in comunicazione col Vesuvio: quando  il Vesuvio è calmo, la Solfatara lo è meno…".   In quel tempo nella conca di Agnano l'omonimo  lago caratterizzava l'area destando l'interesse dell'osservatore che annotava  "... può avere 1 miglio e ½ di  circuito, ed è circondato da montagne… Sulla stessa riva c’è la Grotta del  Cane. Dopo un minuto circa il cane si lascia cadere per la debolezza, sembra  che gli manchi il fiato, come se non potesse respirare. Ho preso una rana  dall’acqua, ed è morta in pochi minuti. A un piede da terra la candela si  spegne; la polvere del fucile non si accende. A 3 piedi da terra il vapore non  è più nocivo. L’acqua del lago bolle. Insomma, è un luogo pieno di zolfo, non  essendo lontano dalla Solfatara…".  Interessanti sono le memorie sulla  Grotta del Cane la cui peculiare natura stimolò in quel tempo la curiosità di  molti.Notevole fu il contributo degli artisti per la  divulgazione dell'amenità dei Campi Flegrei che riprodussero in varia forma e  con diverse tecniche aspetti peculiari e vedute di particolare bellezza.                 Tra  questi, Pietro  Fabris in collaborazione con l'incisore Giuseppe Guerra, che realizzarono nel  1776 la "Carta della Campagna Felice".                 I fratelli Francisco  e Pietro La Vega disegnarono la "Carte du Golfe de Pouzzoles avec une  partie des Champs Phlégréens dans la Terre de Labour".  Inoltre di  rilievo furono le vedute realizzate da Filippo Morghen contenute nella sua  "Raccolta" del 1769 tra le quali spicca per interesse quella  raffigurante gli "... avanzi di tredici pile dell'antico porto di Pozzuoli...".  Ancora di Pietro Fabris la "Veduta presa da sopra  Pozzuoli" , la "Veduta di Porto Paone nell'isola di Nisida" e la "Veduta di  Pozzuoli da oriente".  E altri artisti quali:Chastelet in collaborazione con Bertthault che realizzarono  "Vue de Ruines et Constructions  antiques appellées vulgairement Les Scolea de Virgile";
                   Joris Hoefnagel con la sua incisione "Elegantissimus ad mare  Tyrrhenum ex Monte Pausilipo Neapolis montique Vesuvij prospectus";                     Giuseppe Aloya con la "Veduta del  Golfo di Baia e di Pozzuolo...".     Potrebbe interessarti anche:   |